IL SUCCESSO FALLIMENTARE DEL CONCERTO JAZZ AT THE MASSEY HALL.
Era un noioso venerdì primaverile quando ho scoperto la storia di uno dei migliori fallimenti del jazz, durante la presentazione di un libro su Rocky Marciano. L’autore del libro ha parlato tantissimo e si perdeva spesso a raccontare storie anche al di fuori del contenuto del libro, era un giornalista sportivo appassionato di ciclismo, black music e di storie atipiche. Assieme al libro aveva portato dei vinili e un giradischi, ogni tanto si interrompeva per mettere su una traccia e farcela ascoltare, ma aveva troppo da raccontare e spesso ci parlava sopra. Dopo varie storie e vari dischi blues, tutto entusiasta ci fa vedere il disco di JAZZ AT THE MASSEY HALL, dalla copertina sembrava una di quelle raccolte che costa poco e forse contiene un paio di pezzi decenti, invece no quando parte la musica rimango ipnotizzato da cosa stavo ascoltando, lo scrittore che fino a prima non si fermava un attimo si siede e rimane in silenzio. Quella sera la presentazione va avanti e finisce con un apericena, però la curiosità verso quel disco che ha fatto da contorno a un match di boxe non andò via dalla mia testa.
“Non mi interessa molto la musica. Ciò che mi piace sono i suoni.” Dizzie Gillespie.
La storia del concerto JAZZ AT THE MASSEY HALL descrive perfettamente l’anima rabbiosa, caotica e anarchica di questo genere. Il 15 maggio 1953 in un teatro a Toronto, con quello stile neoclassico figlio di un pomposo gusto aristocratico ormai scomparso, si svolgerà un concerto famoso per essere the greatest concert jazz ever, anche se la sala da 2753 posti sarà occupata soltanto da 700 spettatori, e non in molti si ricorderanno di questo evento. Questa è la storia di come un organizzatore può realizzare un fallimento anche con gli artisti più importanti di quegli anni. Il concerto nasce da un'idea della New Jazz Society di Toronto, un gruppo di giovani appassionati, qualcuno direbbe sognatori, guidati da Dick Wattam. Quando I quattro membri della NJS si recarono a New York in una fredda notte di gennaio del 1953 per firmare le cinque figure del bebop, sicuramente non si resero conto in cosa si stessero cacciando. Chiameranno Charlie Parker al sax, Dizzy Gillespie alla tromba, Bud Powell al piano, Charles Mingus al contrabbasso e Max Roach alla batteria. Era la prima volta che suonarono tutti assieme, anche l'ultima, vennero sopranominati THE QUINTET.
“Ti insegnano che c'è una linea di confine nella musica. Ma, amico, non esiste una linea di confine con l'arte.” Charlie Parker.
In quel periodo storico erano considerate tutte leggende del bepop, il genere che nello slang significava rissa, coltellate e rivolta. Fraseggi nervosi e frammentati, passaggi cromatici velocissimi, soluzioni armoniche rabbiose, il tutto dedito alla totale disgregazione della melodia. Gli artisti del movimento bop avevano superato gli stereotipi musicali imposti dal pubblico, avviando una rivoluzione stilistica e culturale. Cercando nuove forme d’espressione, elevarono il jazz a forma d’arte e sostenerro le rivendicazioni delle persone di colore e degli emarginati. Questo movimento non si esprimeva solo attraverso la musica, ma anche tramite un'immaginario atterizzato dall'assenza di regole e limitazioni. Tuttavia, l'abuso di alcool e droga era purtroppo parte integrante di questo contesto. Il Jazz At Massey Hall può essere definito il risultato finale del Be-Bop.
“Facevo sempre cose rivoluzionarie, cose che mettessero in allerta le persone, in modo che smettessero di essere così sottomesse.” Charles Mingus.
I problemi attorno a questa esibizione sono parecchi. Charlie Parker per evitare problemi burocratici con la casa discografica verrà presentato con il nome del suo cane, Charlie chan. La legge canadese in difesa degli artisti prevedeva l’ingaggio di un artista canadese ogni artista americano ingaggiato, così la NJS chiamò una big band canadese di diciassette elementi per aprire il concerto, questa scelta portò a un elevato costo organizzativo. La NJS per via dei costi e per le loro idee folli, decisero che non c’era bisogno di pubblicità ma che tramite il passaparola e ai grandi nomi degli artisti la gente avrebbe acquistato sicuramente i biglietti. Ma la problematica più importante che portò al fallimento del concerto era la trasmissione in tv, in contemporanea al concerto, dell’evento più importante dell’anno, il match di boxe tra Rocky Marciano e Jersey Joe Walcott a Chicago.
“La batteria è il mio mezzo espressivo, mi permette di comunicare senza parole.” Max Roach.
Il giorno del concerto fù caotico, Charlie Parker perse l’aereo e l’inizio del concerto fu rinviato, arrivò in città ubriaco e senza il suo sax contralto Selmer, non si sa se lo aveva perso o dato in pegno per una dose di eroina, ma questa assenza del suo strumento lo portò a utilizzarne uno bianco di plastica preso in prestito da un negozio. Bud powell si presentò al concerto dopo un periodo passato in un ospedale psichiatrico, sembrava totalmente disconnesso dalla realtà e aveva bisogno di aiuto anche solo per avvicinarsi dal piano. Per questi motivi e non solo, il quintetto non fece prove e non preparò una vera scaletta, Gillespie e Parker prima dell’inizio dell’evento iniziarono una discussione animata per decidere la scaletta. Le leggende salirono sul palco e la tensione fra di loro era altissima in più si resero conto che la sala era mezza vuota, questo creò un’agitazione tra di loro che poteva solo essere risolta suonando. Il concerto iniziò con la traccia “Perdido”, l’agitazione continuò ad auementare nel gruppo, dopo tre brani ci fù il primo intervallo, Gillespie durante ogni intervallo andava dietro le quinte ad ascoltare alla radio il proseguimento dell’incontro di boxe a chicago e saliva sul palco per aggiornare gli altri musicisti sul match, erano più interessati a quell’evento che al loro concerto. Mentre suonavano continuavano a stuzzicarsi perché tifavano per pugili diversi, e la tensione aumentava: l’unico che cercava di mantenere la calma e dare ordine al caos era Max Roach. Durante un altro intervallo Parker sparì per andare ad un locale di fronte al Massey hall per bere un triplo scotch, Gillespie lo seguì sia per riportarlo al concerto ma anche per bere un ultimo bicchiere. Durante i due minuti di attesa Max Roach esegue uno dei suoi assoli ipnotici alla batteria che venne chiamato “Drum conversation”. Parker e Gillespie dimostrarono di conoscersi a memoria, duettando, incrociando le loro frasi, suonando all'unisono, Mingus e Roach diedero vita ad una base ritmica veramente impressionante per grinta, precisione e fantasia, Powell assistito da Oscar Goodstein, esegui una performance pianistica perfetta.
“Sento di essere qui per condividere le mie conoscenze con altri musicisti. Non mi interessa se giocano meglio di me oppure no. Non importa. Sono qui per creare qualcosa insieme.” Bud Powell.
Il pubblico rimase sconvolto dal comportamento dei musicisti, erano abituati ad artisti disciplinati, puntuali e ben vestiti. Non erano pronti a quei tipici comportamenti che portarono alla fama scrittori come Jack Kerouac della beat generation. Alla fine di questo evento delirante e disastroso il risultato fù la mancanza dei soldi per pagare l’intero cachet dei musicisti, questa notizia portò a una rissa tra organizzatori e jazzisti. Mingus non ricevette i soldi e rubò le registrazioni dell'evento. Ed è così che la storia è stata davvero scritta: le registrazioni, anche con alcune sovraincisioni in studio del basso di Mingus sotto registrato, il tecnico che odiava il jazz era uscito dalla cabina senza aver impostato adeguatamente i livelli. Il disco uscì con sette pezzi e dopo cinquant'anni uscì una versione estesa e completa con quattordici pezzi. Venne considerato mediocre e dimenticabile, ma col passare del tempo divenne un classico, un evento unico dove cinque leggende esplodono tra assoli e difetti, mostrando il lato più caotico e libero del jazz, creando inconsapevolmente un classico che con il tempo si trasformò in un capolavoro. Il concerto jazz at the massey hall è stato uno dei migliori errori della musica.